Calcio, Catania: quanto pesa la mano del giudice sportivo?

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La scorsa settimana, scandita dalle vittorie del Catania su Picerno e Vibonese, ha lasciato il segno anche dal punto di vista disciplinare dal momento che, la società etnea, ha ricevuto due ammende del Giudice Sportivo. Le multe sono state elevate perché, in occasione delle suddette gare, i sostenitori rossazzurri, hanno scandito cori ed esposto stendardi in sostegno di Antonino Speziale, condannato, insieme a Daniele Micale, per l’omicidio dell’ispettore Filippo Raciti, morto negli scontri scoppiati durante il tristemente noto derby Catania – Palermo del 2 febbraio 2007. Nel corso di questa stagione agonistica al Catania sono state comminate multe per ben 18.500 euro nelle varie occasioni in cui, i suoi tifosi, hanno espresso solidarietà a Speziale ed inneggiato alla sua liberazione, ritenendolo totalmente estraneo ai tragici fatti. Tali esternazioni, tuttavia, sono ritenute gravemente offensive verso le forze dell’ordine e gli sportivi, ragion per cui la mano degli organi giudicanti è sempre pesante, anche in considerazione dell’“aggravante” rappresentata dalla plurirecidività.
Al di là del giudizio sul merito di questi provvedimenti e sulla loro legittimità che, secondo molti, sarebbe da mettere in dubbio in ossequio ai principi costituzionali e legali che garantiscono la libertà d’espressione, ciò che colpisce maggiormente è la sproporzionalità tra “danno” e “sanzione” che emerge paragonando questi provvedimenti del Giudice Sportivo con altri emessi nella medesima occasione. Leggendo, ad esempio, l’ultimo comunicato ufficiale, con le sanzioni e le ammende relative alla decima giornata di ritorno del campionato di Serie C, desta quantomeno stupore il fatto che, un coro ed uno striscione pro Speziale, sebbene in ragione della pluri reiterazione, vengano puniti con 5.000 di multa a fronte dei 1000 comminati ad un’altra società per il gesto di un isolato tifoso il quale lanciava un oggetto contundente verso la curva della tifoseria di casa e colpiva alla testa un addetto alla sicurezza, causandogli un’escoriazione. Sproporzione che, inoltre, risulta evidente anche in considerazione delle altre sanzioni pecuniarie inflitte alla società etnea: 500 euro in occasione della trasferta di Avellino per aver introdotto e fatto esplodere un petardo nel settore ospiti del “Partenio”, 1000 per aver introdotto e fatto esplodere un petardo oltre che per l’accensione di un bengala ed il danneggiamento di un seggiolino a Catanzaro.
La responsabilità oggettiva delle società calcistiche, punite puntualmente in virtù delle intemperanze dei propri sostenitori, ha sempre causato dibattiti, polemiche e recriminazioni. Un principio che, tuttavia, può essere letto e categorizzato come un deterrente quando sono in gioco questioni di ordine pubblico o violazioni delle norme di comportamento in occasione di manifestazioni sportive. Quando, insomma, si tratta di comportamenti oggettivamente meritevoli di sanzioni. Un approccio che, in tutta onestà, è difficile da comprendere nei casi di cui sopra, quelli cioè che hanno visto protagonisti i tifosi rossazzurri. Il dovuto rispetto per l’ispettore Raciti, per i suoi familiari e, più in generale, per l’intera vicenda oltre all’impegno nel mantenere viva la memoria di quei tristi avvenimenti, prescindono senza sé e senza ma dal giudizio che può essere dato sul pervicace accanimento che si può riscontrare negli organismi giudicanti ogni qual volta si ripetono gli episodi sopraccitati. Non è nostra intenzione dibattere ed argomentare sulla storia dei processi che hanno portato alla condanna definitiva di Speziale e Micale, ma è lecito chiedersi e chiedere quale sia la ratio di certe decisioni, specie quando queste influiscono o potrebbero influire sul piano meramente economico e, quindi, sul destino di una società sportiva che, affronta, tra mille insidie e difficoltà, un campionato che, probabilmente, di professionistico ha soltanto il nome.

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